27 ottobre 2008

Soeur Emmanuelle: la ricchezza della povertà (2)

Prosegue la pubblicazione dell'intervista che ho fatto in Valle d'Aosta a Soeur Emmanuelle nel 2000. La prima parte la potete trovare qui.

La remissione del debito è uno dei punti forti di questo Giubileo. Lei che ha avuto un’esperienza diretta della vita di queste nazioni in gravi difficoltà cosa ne pensa. Sarà uno strumento realmente efficace?
E’ un primo passo. Il problema essenziale dei paesi in via di sviluppo è quello del dialogo Nord-Sud. Perché come diceva don Helder Camara comprateci il caffè a un prezzo giusto e noi non avremo bisogno del vostro aiuto. Il problema è che i paesi ricchi pagano le materie prime a dei prezzi ridicoli e poi vogliono aiutare i paesi poveri che le producono. Non aiutateci, comprateci i prodotti ai prezzi giusti. Il petrolio, ad esempio, i paesi del terzo mondo si sono uniti contro
Europa e America e sono riusciti a imporre i loro prezzi. Hanno sicuramente esagerato, ma quando non c’era l’Opec il barile, se mi ricordo bene, si pagava meno di un dollaro. Un prezzo inaccettabile. Lo stesso potrebbe accadere per il cotone, o per le banane e questo accadrà perché i paesi ricchi non vogliono pagare in maniera equa le materie prime. Non è sufficiente togliere i debiti. Se si tolgono i debiti e si continuano a pagare in maniera insufficiente i prodotti che provengono dal terzo mondo si mantengono questi paesi nella povertà. Il problema è arrivare a convenzioni internazionali del commercio più giuste.

Lei parla di un problema di dialogo fra Nord e Sud. E’ un problema che sembra esistere anche tra le religioni. Nonostante gli appelli del Papa al dialogo e al ispetto soprattutto i rapporti con l’Islam, da una certa parte di mondo cattolico, sono visti con preoccupazione. Cosa ne pensa?
Il Papa insiste enormemente sull’ecumenismo. Io ho conosciuto l’inizio del secolo, essendo nata nel 1908. In quel periodo era vietato a un cattolico entrare in una chiesa protestante o ortodossa. Era molto difficile avere dei contatti fra persone di religioni diverse. Quando ho voluto andare a conoscere Atenagoras, il patriarca greco-ortodosso di Istambul, ho avuto delle difficoltà. Una religiosa cattolica non poteva andare a visitare un patriarca ortodosso. Ho ottenuto il permesso perché Mons. Roncalli in quel momento era vicario apostolico a Istambul e lui era già
molto aperto, ma altri no. Oggi fortunatamente la situazione è diversa. Io sono cattolica e credo che la religione cattolica è quella che ha ricevuto la rivelazione diretta da Gesù Cristo, ma ho molta stima e ammirazione per i miei fratelli e sorelle protestanti, ortodossi, ebrei, buddisti e mussulmani e ho trovato nella religione mussulmana come in quella buddista alcuni raggi di luce e di verità, anche se per me è nella religione cattolica che la verità è offerta tutt’intera.
Bisogna però fare attenzione al relativismo: non si può dire che tutte le religioni siano uguali. Ma rispettiamoci, amiamoci e marciamo mano nella mano.

Nel libro «Jesus tel que je le connais» lei parla della relazione con gli altri come dell’altro sacramento…
Per me la base dell’essere umano è la relazione: non siamo degli animali. La bestia non ha delle relazioni con altre bestie, non si vedono delle pecore che si guardano, che condividono il pascolo.Non si preoccupano dell’altro. Ora l’uomo quando è seduto e mangia e qualcuno ha fame naturalmente va a offrirgli quello che mangia. La relazione, il rapporto degli uomini tra di loro è il senso medesimo della natura umana.

Fare come lei, lasciare tutto, è sempre più difficile in questa società moderna?
Io non ho mai detto di lasciare tutto. Non è questo il problema. Bisogna condividere. Per esempio ho degli amici finanzieri. Sono molto ricchi, ma non devono lasciare le loro banche. Non è necessario che le lascino, al contrario possono essere molto utili. E’ necessario che ci siano delle banche. La questione è che quando si è raggiunta un’importante posizione economica, quando si è a capo di un’industria importante, ci si deve preoccupare degli altri, a partire dai propri
dipendenti.

Siamo alla fine del Giubileo. Qual è secondo lei lo spirito di questo evento e che cosa resterà lei?
Ho assistito ad altri giubilei nel secolo scorso, ma posso dire che questo, grazie all’opera di Giovanni Paolo II, ha avuto una risonanza straordinaria. Ero ad agosto a Roma in mezzo ai due milioni di giovani. E’ stato qualcosa di veramente straordinario. Ho avuto modo di parlare a molti di loro e molti mi hanno detto che questo incontro ha realmente cambiato la loro vita e che ora hanno capito che essere cristiani è veramente qualche cosa di bello e di grande e che questo implica che ci si occupi degli altri, che si viva più nella giustizia e nella condivisione e credo che il Giubileo resterà come un ideale di amore verso Dio e di amore verso i fratelli. Ora il Papa ha insistito enormemente su questa civilizzazione dell’amore e sono convinta che del Giubileo rimarrà una specie di profumo, di desiderio, d’ideale che raggiungerà soprattutto i giovani, finalmente convinti che è possibile vivere sulla terra seminando e perseguendo l’amore di Dio e l’amore dei fratelli.

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