18 marzo 2009

Roberto Nicco alla Camera: «troppi federalisti a giorni alterni»

Siccome sono tornato ad occuparmi di federalismo fiscale pubblico la nota diffusa dall'onorevole Roberto Nicco sul dibattito alla Camera in merito al disegno di legge in materia di federalismo fiscale. I titoletti sono, come sempre, a mia cura.

Non si può essere federalisti a giorni alterni
Intervenendo in aula, il deputato Nicco ha ricordato che per la Valle d’Aosta «il federalismo è da gran tempo un fondamentale punto di riferimento ideale, politico ed istituzionale, avendo trovato un terreno fecondo in una terra la cui storia si era sviluppata tutta attorno alla difesa, sotto ogni regime, da quello sabaudo, a quello fascista a quello repubblicano, della propria autonomia e volontà di autogoverno». «Oggi (ieri ndr) -ha proseguito- pare che tutti siano diventati federalisti. Anche in quest'aula. Se così effettivamente fosse non potremmo che rallegrarcene. Ma a noi qualche dubbio, di fronte al concreto agire del Parlamento e dei Governi, francamente rimane. Esemplare è stata la recente vicenda della legge sulle elezioni per il Parlamento europeo. In uno stato a base federale le Regioni dovrebbero esserne gli elementi costitutivi. In quella prospettiva non si può negare rappresentatività in una sede tanto importante quale il Parlamento europeo a tutte le Regioni. Si è invece opposto, ancora una volta, il dato puramente quantitativo, delle dimensioni numeriche. Ma questa, cari colleghi è la negazione del federalismo, sistema in cui ognuno, nelle dimensioni che la storia ha definito, deve poter avere pari dignità. Non si può essere federalisti a giorni alterni».

Meglio definire prima la struttura della casa comune
Nicco ha poi sottolineato che il federalismo è innanzitutto politico: «Sarebbe perciò stato opportuno definire in primo luogo il nuovo assetto istituzionale. Ovvero quella riforma troppe volte rinviata del cuore del sistema, già in aula nella scorsa legislatura e poi, colpevolmente, insabbiata, incentrata attorno ad un Senato federale espressione delle Regioni, dalle funzioni differenziate rispetto a questa Camera e con una migliore definizione delle competenze tra Stato e Regioni, fonte oggi di inevitabile e frustrante conflittualità. Solo allora, solo una volta definita concordemente la struttura della nuova casa comune, si sarebbe dovuto, conseguentemente, logicamente, passare, sulla base proprio delle competenze effettivamente esercitate dalle Regioni, alla approvazione della parte fiscale e finanziaria».
Nicco ha comunque dato atto al ministro Calderoli di aver positivamente proseguito il confronto con le Regioni e di aver proposto al Parlamento un testo sostanzialmente condiviso. Testo che prevede sedi comuni di elaborazione per la fase attuativa, tra cui ora, con l’emendamento 25.500, un tavolo di confronto tra il Governo e ciascuna Regione a Statuto speciale e provincia autonoma. Ricordando peraltro che esistono già le Commissioni paritetiche, tuttora in attesa, dopo quasi un anno, di essere attivate.

Le ragioni delle sperequazioni
«Che ci siano sperequazioni -ha proseguito Nicco- è di tutta evidenza. Ma più che sulla constatazione del fatto, è sulle ragioni di tale sperequazione che occorrerebbe meglio puntare l’attenzione. Ragioni che possono essere di tue tipi. Primo: sprechi, inefficienza, duplicazioni, disorganizzazione, incapacità, clientele. Giusto, sacrosanto, urgente quindi intervenire per ridurre gli scostamenti. Secondo: le differenze possono però essere generate da insopprimibili differenziali nei costi. Ed anche questi sono stati ormai ampiamente dimostrati da attendibili analisi. In una recente ricerca dal titolo Lavorare e vivere in montagna, si dimostra che: la raccolta del latte nelle zone montane comporta un sovraccosto dell'80% e le spese per la meccanizzazione del 74%; il trasporto pubblico locale del 17-20%. E così per la raccolta dei rifiuti solidi urbani, la sanità ed altri settori. E' evidente che in questo secondo caso l'applicazione di costi standard, senza i dovuti correttivi, significa ridimensionamento di attività produttive quali l'agricoltura e drastica riduzione, taglio, dei servizi ai cittadini, con conseguente abbandono della montagna».

Gli attacchi contro lo Statuto
Nicco ha poi replicato agli attacchi giunti da più parti in questi giorni alle Regioni a Statuto speciale, «con qualche privilegio, in questo caso certamente sì, nella virulenza degli attacchi, per la piccola Valle d'Aosta. Tentativo non nuovo certo, anzi ricorrente, a volte aperto, altre volte subdolo. Quasi a cercare un obiettivo su cui dirottare il malcontento, un capro espiatorio. Ricordo, all'inizio degli anni Novanta, le proposte della Fondazione Agnelli di costituire le macroregioni. Le comunità storicamente determinate, con la loro storia, cultura, identità, dovevano soccombere, lasciare il campo ai nuovi aggregati costituiti sulla base di criteri puramente economico-fiscali-finanziari. Vessillo sbandierato fin da allora dai presunti innovatori era il residuo fiscale pro-capite. Allora come oggi. Mai che si correlino quei numeri alle funzioni e relative spese poste a carico del bilancio regionale ed altrove sostenute dallo Stato. Dalla spesa sanitaria a quella per il sistema scolastico, dai trasferimenti agli enti locali alle spese per il corpo forestale e numerose altre. Mai che si richiamino qualità e tempestività degli interventi. Nel 2000 la Valle d'Aosta è stata colpita da una spaventosa alluvione, una delle più terribili della sua storia, con 17 vittime e danni rilevantissimi. Oggi di tutto ciò non vi è più traccia. Non credo che così avvenga ovunque in questo Paese».
«Da più parti -ha concluso Nicco- oggi ci si richiama alla difesa della Costituzione. Ebbene voglio ricordare che di quella Costituzione fanno parte integrante, essenziale, anche l'articolo 6 sulla tutela, con apposite norme, delle minoranze linguistiche, e l'articolo 116 sulle Regioni e province autonome. Per noi Costituzione e Statuto sono un tutt'uno. Democrazia e autonomia si sono forgiate assieme, in quella drammatica pagina della nostra storia, di lutti e sofferenze, dalla quale, attraverso la Resistenza, è nata l'Italia libera. Ed assieme intendiamo difenderli.
Certo, da allora il mondo è cambiato. Il quadro di riferimento è diventato sempre più quello europeo. E noi non siamo affatto per l'immobilismo.
Le Regioni a Statuto speciale e le Province autonome hanno aperto la strada in Italia alla trasformazione regionalista del Paese ed anche in questa fase, proprio per la loro storia, intendono svolgere una funzione positiva e non certo di conservazione. Ma se nuove regole devono esserci, queste vanno riscritte assieme, assicurando a tutti pari dignità istituzionale».

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Quando incontro Nicco per la strada è un piacere in quanto parliamo solo di alpinismo , è uno dei pochissimi politici ( con Carlo Perrin ) che in montagna ci va davvero ( a differenza di un assessore attuale che mi ha confessato di non aver interesse alcuno per le vette e di attendere con ansia l'estate per poter andare al mare ! ) . Ma qui , con disagio , devo dissociarmi totalmente dal documento di Nicco . Afferma che Costituzione e Statuto sarebbero tutt'uno , ma fa un minestrone rimpiangendo il mancato europarlamentare valdostano . Infatti la riforma federalista che lui auspica esiste solo nei suoi sogni e gli europarlamentari sono figli dell'articolo 3 della Costituzione , reale , che pareggia i cittadini e quindi nega di fatto l'europarlamentare alla VdA : la visione regionalistica di Nicco non trova albergo nella nostra carta costituzionale . Eppoi : fuori i numeri dei privilegi statali , che iperarciextramaxicoprono i costi maggiori per produrre latte o il 17% in più per i trasporti . Quando , dedotte le competenze e i costi in più da riparto e somma sostitutiva dell'IVA , si ha , come si ha , una cifra superiore al 100% delle tasse che qui lo Stato non incamera , si deduce che Nicco ha imitato Lavoyer quale delegato alla propaganda . Poi parla di attacchi allo Statuto , all'autonomia e al francese . Minestrone sommo . Comanda la Costituzione che deve garantire il rispetto degli articoli 2 ( libertà di cultura in una Valle ove il francese è sparito nonostante un'inutile imposizione scolastica ) e 3 ( parità dei cittadini , senza autoproclamatisi padroni di casa ) , e tale rispetto passa attraverso la presa d'atto del fatto che il francese ha avuto una caduta verticale di importanza nel mondo e in Valle è parlato da soli 4 gatti , che hanno il diritto di parlarlo , studiarlo , farlo studiare ai propri figli , ma non di imporlo come fosse il Corano in Iran . Ciascuno può fare il localista ( e quindi sentirsi legato al francese ) , ma chi vuole deve vivere da ateo rispetto alla religione del localismo . Inoltre , va rispettato chi magari ha un culto regionalista , ma legato alla regione di origine , diversa dalla VdA . Sono friulano ma non mi importa nulla nè del Friuli nè della VdA ( eccettuato quanto c'è sopra i 3000 metri ) nè del Piemonte ove ho vissuto lungo tempo , perchè la mia mente spazia e non vuole fissarsi sulla realtà di una regione . Altri friulani residenti in VdA sono regionalisti e mal sopportano essere dipinti per localisti pro-VdA a uso e consumo rossonero . La Costituzione in astratto difende la mia posizione , bisogna che lo faccia pure in concreto evirando il tentativo di Nicco e consimili di fingere i contenuti dello Statuto del 1948 immutabili in un mondo che è capovolto rispetto ad allora . Nicco , tu hai detto le tue e io le mie .

Anonimo ha detto...

Non sono un giornalista , ma , considerando il livello di servilismo , nonchè la conseguente chiusura mentale aprioristica verso analisi politiche divergenti da quelle gradite al partito più grosso in regione , di troppissimi operatori dell'informazione/deformazione/formazione in Valle , è come se lo fossi . Per questo mi permetto di dichiarare il mio stupore per l'articolo ( senza firma , perchè ? ) a pagina 3 dell'ultimo Corriere . Viene fatto un excursus sulle uscite degli ultimissimi giorni riguardanti i denari statali alle regioni autonome in generale e alla VdA in particolare . Si sintetizza cioè l'uscita del ministro Brunetta e si riportano le repliche di Lavoyer e Nicco . Un ipotetico lettore valdostano di preparazione standard cosa deduce da tale articolo , ove il Brunetta-pensiero è messo prima e poi , con ampiezza maggiore , la replica dei due fans del localismo chez nous ? Cosa deduce considerando che sono riportate le frasi vuote che fanno riferimento alle competenze in più ? Vuote , perchè sono equiparabili , poniamo , alle parole del ragazzo che chiede ai genitori 1000 euro , giustificando la richiesta col dire che servono per la benzina + il gelato + un cd + il cinema + le caramelle + due francobolli + il giornale + le sigarette + un caffè ? Ovviamente 1000 euro sono sovrabbondanti anche rispetto a tante voci quante sono quelle delle cose da acquistare . Mi sembrano identiche le giustificazioni di Lavoyer e Nicco : stipendi insegnanti , guardie forestali , funzioni prefettizie , eccetera , fortunatamente senza aggiungere l'importo per lo scrivere Aosta accompagnata dall'inutile ( ai fini identificativi ) Aoste nelle targhe . Voglio dire che i costi delle competenze in più non rendono i privilegi non tali . Propaganda per sprovveduti . E torno all'articolo : nel suo riportare la replica del Palazzo fa un'azione filosistema che sarebbe comprensibile da parte de La Vallèe , ma non in caso di un settimanale della Diocesi , che non può essere passivo recettore di bugie propagandistiche . Tale articolo , da parte di un settimanale cattolico , richiedeva una puntualizzazione numerico-critica da parte dell'ignoto redattore . Così è dozzinale propaganda .

ImpresaVda on 21 marzo 2009 alle ore 10:06 ha detto...

Gli articoli senza firma sono attribuibili al direttore che in quanto unico giornalista firma parecchi articoli e ogni tanto ne lascia qualcuno senza. Chiedo venia. Sul fatto di fare propaganda credo proprio che il Corriere non abbia di questi problemi. E' un'accusa che non è mai giunta dai nostri abbonati.

Anonimo ha detto...

Io ho fatto considerazioni sulle quali qui non c'è stata risposta , nel senso che la replica , generica , non entra nel merito di quanto ho evidenziato . Gli abbonati non sono poi i depositari della verità . Vedo che non si vuole o non si può entrare nel merito . Da cattolico , non tale solo perchè battezzato , noto che il Corriere è in linea con la tendenza , che reputo anticattolica , del dare per scontato che " bugie etnolinguisticofederaliste + imposizione erga omnes della mentalità localistica di qualcuno " siano argomenti tabù . Con buona pace del rispetto della dignità della persona . Quando il Corriere parla di problematiche religiose come potrebbe farlo un settimanale cattolico di Roma o Venezia o Catania è ineccepibile . Ma quando riferisce di questioni legate alla politica locale non appare una testata informativa oggettiva , bensì un portavoce della dirigenza locale , il cui credo politico , quantunque globalmente esilarante , viene trattato come coincidente con la verità . Un ateo ( religioso ) viene trattato coi guanti di velluto riservati alla pecorella smarrita ; un ateo ( relativamente alla petite patrie che vuole tutti i residenti accomunati dalle credenze insite nel vocabolario rossonero ) viene sopportato giocoforza . Non si vuole entrare nel merito dell'accusa rivolta al localismo , rossonero in primis , di voler omogeneizzare le persone , offendendo così la loro dignità , per goffi fini politici . Il discorso sarebbe più ampio e ben più duro , ma per evidenti ragioni non mi va di farlo qui , anche se mancano altre sedi perchè il conservatorismo in Valle è un imperativo per troppi .

 

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