30 aprile 2010

La Valdostana Carni Sviluppa la Filiera del Biologico con la Cooperativa Haute Val d'Ayas

Sergio Borla
Tutto inizia ad Aosta al Ponte di Pietra, località che prende il nome dal monumento romano della città valdostana situato a 150 metri a est dell’Arco d’Augusto. Qui dal 1950 Francesco Borla e la moglie Miranda Pession lavorano nella loro macelleria. Il marito ha alle spalle una lunga tradizione di famiglia dal cuore sabaudo, nata a Torino tre generazioni prima e trapiantata ad Aosta. «Si macellavano quindici capi alla settimana – racconta il figlio Sergio Borla, 55 anni, in azienda dal 1971 – allora non c’erano grossisti sulla piazza di Aosta di conseguenza non si lavorava soltanto per i privati, ma anche per alberghi. Fu a quel tempo che mio padre cominciò a riflettere sulla possibilità di sviluppare su volumi più importanti il business della macellazione».

E così nel 1968 nasce la Valdostana Carni di Pollein, trasformatasi nel 1985 in Srl e attualmente gestita da Sergio e Antonella Borla. Una tipica impresa famigliare all’italiana, attenta più al fare che al far sapere che cosa sta facendo, e che dopo 40 anni con i suoi 25 dipendenti commercializza 100 tonnellate di carne alla settimana e fa registrare bilanci che si attestano poco sopra i dieci milioni di euro.

L’azienda oggi opera nella grande distribuzione, nel settore del catering, nelle forniture di bordo a navi mercantili e petroliere e nelle mense aziendali e della pubblica amministrazione, in particolare nell’area del Nord Ovest. In passato l’impresa valdostana ha pure rifornito i contingenti italiani in Bosnia e in Iraq.

Una società che dopo aver allargato i propri mercati, aprendosi ad una dimensione internazionale (dalla Francia alla Germania fino ad alcune piazze dell’Europa dell’Est, con una penetrazione significativa nei paesi dell’ex-Jugoslavia), oggi scopre anche l’importanza delle nicchie a partire da quella del biologico. «Nel corso del 2009 – osserva Borla – abbiamo ottenuto la Bioagricert, cioè la certificazione biologica. Su tutto il territorio nazionale a fronte di circa 150 stabilimenti di macellazione soltanto dieci possono fregiarsi di questo titolo. Una scelta nata dal fatto che da tempo collaboriamo con una delle più grosse aziende biologiche italiane: l’azienda Mellano di Rivarolo». «Sono stati loro – con i quali condividiamo una partnership non soltanto professionale ma amicale – aggiunge - a suggerirci di incamminarci su questa strada e ad aiutarci concretamente nel raggiungere questo obiettivo».

I volumi del biologico a livello nazionale sono ancora piuttosto esigui, ma comunque sul bilancio 2009 peseranno per circa il 5%. Fra i frutti di questa nuova strategia la nascita di una filiera biologica interamente dedicata alla carne valdostana. Un progetto che vede, oltre al coinvolgimento della società di Pollein, anche la presenza della Cooperativa Haute Val d’Ayas, azienda che dal 2004, prima sotto la guida di Roberto Bagnod e, oggi, di Danilo Grivon, opera nel settore dell’agricoltura biologica e della Cooperativa che realizza lo jambon de Bosses.

«Dalla Cooperativa di Grivon – spiega Borla – ritiriamo gli animali a fine carriera, li disossiamo, li macelliamo e provvediamo alla loro trasformazione. I tagli più pregiati, quelli utili per la mocetta, sono inviati al prosciuttificio di Bosses dove sono salati in maniera biologica e la carne è seccata in maniera naturale. Dalla fine dell’estate ad oggi sono stati lavorati 30 quintali di carne fresca che una volta essiccata riduce il suo peso del 50%». «Sono convinto – conclude Borla – che sia inevitabile coprire anche mercati più di nicchia, grazie ai quali abbiamo comunque mantenuto stabili, in quest’ultimo biennio, i nostri fatturati, pur registrando una riduzione dei margini, tenuto conto che il settore dove operiamo nel suo complesso accusa contrazioni nei ricavi tra il 20 e il 30%. Noi, nonostante tutto, continuiamo a lavorare. Non c’è stato nessun licenziamento e neppure un’ora di cassa».

L’atout vincente in mano a Borla rimane comunque l’investimento di 1,5 milioni, realizzato nel 2006, per costruire 2000 metri di capannone in modo da stoccare fino ad un massimo di 1200 tonnellate di carni congelate contro le precedenti 300. «La crescita dei volumi, o meglio la garanzia della loro continuità durante tutto l’anno, - conclude - ci assicura l’elasticità sufficiente per essere in grado di rispondere in tempi brevissimi a qualunque tipo di richiesta». Un impegno per la qualità che non è stato neppure sfiorato da un recente incidente di percorso legato ad una visita dei Nas che ha portato al sequestro di 842 chili di carne: «Una sfortunata coincidenza. Un cellista – spiega Borla – ha individuato un bancale di carne scaduta e l’ha depositata all’inizio della cella frigorifera per avviarla alla distruzione, ma si è dimenticato di avvisarmi».

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