31 dicembre 2014

Che sia l’anno della gratuità - Buon 2015 a tutti!!!!



Carissimi lettori,

Grazie a Cesare Cossavella e a numerosi suoi amici collezionisti quest’anno proporrò agli abbonati del Corriere della Valle  un calendario ricco di immagini provenienti dal passato (sarà loro recapitato l'8 gennaio, ma sarò felice di farne dono anche a chi si abbonerà successivamente, sono soltanto 40 euro pensateci). Di istantanee che mostrano località in tempi in cui la presenza dell’uomo era sicuramente meno impattante di oggi o addirittura testimoniano eventi di fede (ad esempio i funerali dell’Abbé Chanoux).

Soltanto una scelta estetica? Non del tutto. 

Scriveva Carlo Levi che il «futuro ha un cuore antico». E le nuove sfide che affronteremo nel nuovo anno richiedono forse di non dimenticare quel ricco e intimo patrimonio di valori su cui si è fondata la nostra comunità. Per lungo tempo le “grandi opere” non erano esclusivamente edilizie, ma anche di carità. Vale la pena di ricordarlo oggi che le situazioni di povertà sono in aumento anche nella nostra regione. Fraternità, bene comune e gratuità sono parole che iniziano ad essere prese in considerazione da una società che per lungo tempo ha pensato di poterne fare a meno. 

L’Economista Luigino Bruni che abbiamo tutti avuto la fortuna di ascoltare in occasione del ciclo di conferenze Fede e Scienza organizzato dalla Diocesi in merito alla gratuità scrive: «La cultura tradizionale insegnava un modo di stare al mondo basato sull’etica delle virtù che poi si trasmetteva direttamente alle imprese e agli uffici: oggi questo patrimonio civile fondamentale è in crisi, perché solo le famiglie, e non tutte, continuano ad educare alla gratuità, ma non basta più. Se non si è capaci di gratuità non si è neanche capaci di capire il contratto e di essere buoni lavoratori né imprenditori». 

E più avanti aggiunge: «La cultura che legge la gratuità come “prezzo zero” o come la cultura del gratis, ad esempio, porta anche a teorizzare che i lavori di cura e di assistenza debbono essere pagati di meno, proprio per salvaguardare la loro natura di gratuità. È questo un grave errore economico e civile, che porta, tra l’altro, a giustificare stipendi più bassi per molti lavori educativi e di cura (a maggioranza femminili): non dobbiamo necessariamente associare indigenza e gratuità: la povertà scelta è beatitudine, ma l’indigenza subita da una cultura sbagliata rende la vita molto difficile, a volte impossibile, a chi vuol coltivare una propria vocazione lavorativa nei settori dell’educazione e della cura, e non ha un coniuge ricco o rendite. Tutto ciò non è giusto, e grave. Oggi una buona battaglia di civiltà è quella che distingue la gratuità dal gratis, che non contrappone contratto a dono, una equa remunerazione alla gratuità. Nella nostra civiltà si pone un grande problema di redistribuzione del reddito: non dobbiamo restare inermi e silenti di fronte ad un sistema economico-politico che remunera con stipendi milionari manager privati e pubblici, e lascia indigenti maestre e infermieri. E’ una questione di giustizia, e quindi oltre che politica, anche etica e spirituale».

A tutti, anche a nome della redazione, l’augurio di un 2015 in cui parole come fraternità, bene comune e gratuità pervadano in profondità la comunità valdostana.

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