27 febbraio 2015

Il futuro della Valle d#Aosta o sarà #green o non sarà

Come promesso inizio a postare alcuni degli articoli (pre-lavoro di cucina redazionale) che ho pubblicato sul Rapporto Valle d'Aosta del Sole 24 Ore.

La vocazione «green» della Valle d'Aosta è insita in un territorio montano vissuto un tempo come un ostacolo ma che oggi può diventare un'opportunità in presenza di una globalizzazione che finisce per esaltare le biodiversità e una rete internet che sta rivoluzionando il concetto di periferico. Non è un caso se la Camera di Commercio di Aosta, guidata da l'imprenditore Nicola Rosset, suo il brand Saint-Roch nel campo dei liquori, ha commissionato all'economista Massimo Lévêque, docente incaricato di Scienze delle Finannze all'Università della Valle d'Aosta, una ricerca per verificare lo stato dell'arte della greeneconomy in Valle d'Aosta indicando «scenari e opportunità di sviluppo sostenibile in un'economia di montagna». Un testo che assegna alla Valle d'Aosta un'indice green economy pari a 0,440 (media italiana -0,126), dove la regione è seconda soltanto al Trentino che peraltro con 1,145 fa registrare uno score significativo, segno che ci sono ancora significativi margini di miglioramento. «Abbiamo pubblicato sul volume una decina di casi esemplari di imprese – ha precisato Lévêque - che sono già green, in tutto o in parte, senza che ci sia stato nessun tipo di sostegno o di politica particolare. E sono in settori diversificati. Non soltanto energia o progettazione nel campo energetico come è facile pensare che sia ma nell’agricoltura biologica, nella ricerca e sviluppo sperimentale. C’è un Institut agricole (la locale scuola di agricoltura ndr) che è una straordinaria struttura non solo di formazione, ma di ricerca applicata proprio nei comparti sostenibili». Per Rosset «è necessario andare oltre i luoghi comuni e prendere coscienza del fatto che la green economy non interessa solamente i settori “tradizionali” delle politiche ambientali – dal ciclo dei rifiuti alle fonti rinnovabili – ma può attraversare tutti i settori produttivi e coinvolgere migliaia di piccole e medie imprese capaci di cogliere le opportunità offerte da questa nuova prospettiva di sviluppo».
 
Se si guarda al biologico certificato i numeri indicano 93 aziende iscritte all'apposito registro tra produttori, commercianti e trasformatori con 49% di aziende zootecniche, per tutte si può ricordare la Fromagerie Haut Val d'Ayas di Brusson con la sua fontina bio (50 conferitori, quasi due milioni di litri di latte all’anno e circa 18.000 forme di fontina). «Numeri che possono anche trarre in inganno - spiega Erik Verraz di Coldiretti – anche perché una qualunque azienda agricola, anche senza la certificazione bio, vista la particolare conformazione del territorio regionale, fa comunque meno della metà dei trattamenti che si fanno nel resto d'Italia». Basta guardare alla viticoltura. Se da un lato non si può non ammirare l'impegno per il biodinamico dei fratelli Grosjean di Saint-Christophe allo stesso tempo non è possibile non constatare l'eroicità, in questo caso non certificata, dei vini di La Vrille che sull'assolata collina di Verrayes hanno visto nel 2012 il loro passito «Chambave Muscat Fletri» con le sue 1500 bottiglie, premiato dal Gambero Rosso come il migliore bianco d’Italia.
 
Piccole produzioni che hanno da poco trovato un alleato in Mathieu Champrétavy, ingegnere gestionale non ancora trentenne, che dopo alcuni anni di lavoro sulla piazza di Milano ha deciso di provare a realizzare qualcosa «in Valle per la Valle» ed è nata così Tascapan (termine dialettale che indica la bisaccia in cui i montanari mettevano i viveri) una piattaforma di e-commerce appositamente dedicata ai piccoli produttori dell'enogastronomia valdostana. «La potenzialità di Tascapan è quella di riuscire a mettere insieme tanti prodotti di nicchia. Le ordinazioni online coinvolgono tutte da due o tre produttori. Andando sul sito c'è chi acquista una bottiglia di vino e pure un pezzo di fontina. I marchi si rafforzano a vicenda».
 
Ma il settore green dove la regione autonoma non ha rivali è indubbiamente quello della produzione idroelettrica. La Valle d'Aosta ha una produzione pari a due volte e mezzo rispetto ai propri consumi. Il Trentino 1,6 e l'Italia 0,86. Dominus del settore la Compagnia Valdostana delle Acque con 3.069 milioni di kWh prodotti nel 2014 a fronte di un dato complessivo pari a 3.489 GWh (91% da CVA). Azienda che prosegue la sua strategia di diversificazione attraverso il fotovoltaico (15.2 milioni di kWh) e l'eolico (77,5). «E' interessante notare – ha commentato il Presidente di Cva Riccardo Trisoldi - che il piccolo campo fotovoltaico di La Tour, in Valle d'Aosta, ha goduto di un irraggiamento medio (2011-2014) di 1439 ore equivalenti, valori che competono con campi analoghi nel Sud d'Italia: la Sicilia registra, ad esempio,  1.455 ore». Prosegue l'impegno di Telcha (maggioranza Cofely GDF-Suez) per la creazione delle rete di teleriscaldamento di Aosta che entro il 2018 vedrà serviti con 47 chilometri di rete di distribuzione oltre 500 edifici tra pubblico e privato. Ad oggi sono stati realizzati tredici km di rete  di distribuzione e allacciate e servite 80 utenze per complessivi 25 MW. Si tratta di un impianto ad alta efficienza energetica e compatibilità ambientale che consentirà di risparmiare ogni anno 10.000 tonnellate di petrolio equivalenti evitando l’emissione in atmosfera di oltre 30.000 tonnellate di CO2.
 
Insomma l'impressione è che il futuro della Valle o sarà green o non sarà.

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