17 novembre 2016

Elisabetta Allera (#LouRessignon): «#Ristorazione tra solide radici e innovazione continua»

Elisabetta Allera
Questa settimana abbiamo intervistato Elisabetta Allera, titolare con il fratello del ristorante Lou Ressignon di Cogne, meglio conosciuto come Da Arturo che ringraziamo per essere qui ai nostri microfoni.

Nei giorni scorsi avete festeggiato un'importante ricorrenza…
Il 23 ottobre abbiamo festeggiato i 50 anni di attività del nostro locale. Abbiamo fatto una bellissima festa con tutti gli amici, i nostri ospiti abituali.

Quali sono stati i passaggi più significativi della vostra storia?
50 anni fa mio papà - che all'epoca di mestiere faceva il restauratore-ebanista - aveva raccolto negli anni tanti bei pezzi di legno, li aveva sistemati, abitualmente rivenduti, ma poi aveva cominciato a sognare di poter mettere assieme questi pezzi e creare un punto di ritrovo per i giovani dell'epoca perché a quei tempi non c'era un posto dove mangiare qualcosa, stare in ottima compagnia con un po' di musica. E lì assieme ad alcuni amici ha creato Lou Ressignon che nel patois di Cogne vuol dire lo spuntino della notte.

In cosa consiste l'attuale offerta del vostro locale?
Negli ultimi otto anni al ristorante, alla tavernetta abbiamo aggiunto l'attività di Chambre d'hote, realizzando quattro camere all'ultimo piano che ci ha permesso un complemento di attività notevole e ci siamo così aperti ad un altro settore assolutamente interessante.

Oggi la ristorazione è un pezzo importante dell'offerta turistica di una località. Avvertite più forte di un tempo questa responsabilità?
Credo di sì. Diventiamo quasi motivo di scelta di località. E posso essere tranquilla nel dire che Cogne ha questo immenso vantaggio di essere riconosciuta come qualità nella ristorazione e riusciamo anche, forse, a creare una clientela precisa. Quando un cliente sa che può trascorrere alcuni giorni e mangiare bene in tanti posti in effetti è più sereno e sceglie questa località.

La tipologia di clienti?
E' molto varia, soprattutto quelli di prossimità, il nostro triangolo d'oro Torino-Milano-Genova, anche se ultimamente siamo sorpresi di trovare molti più svizzeri, anche in questi mesi in cui la Svizzera ha fatto questa scelta un po' scellerata di chiusura nei confronti dell'Italia.

Vi chiederei che cosa è cambiato nel fare ristorazione negli ultimi 50 anni, ma credo che dare un'occhiata agli ultimi dieci sia già sufficiente oppure no?
Sì, anche se è bivalente. Nel senso che si è voluto mantenere le radici della tradizione perché sono obbligatorie e in esse poi ci riconosciamo molto, ma è anche vero che il gusto è cambiato, la scelta di pietanze si è alleggerita – non si mangia più come un tempo antipasto, primo, secondo, dessert e formaggio - e allora si è volutamente alleggerita anche la sostanza di alcuni piatti con ingredienti più delicati, più fini, che appagano anche la vista perché il cliente vuole questo. Noi siamo contenti di offrire entrambe le soluzioni. Si mangia la seupetta alla cognentse, il riso, la carbonada con la polenta, ma anche le tagliatelle con lo storione, il petto d'anatra alle mele per poter accontentare un'ampia clientela. I piatti storici rimangono ogni anno, mentre quelli più moderni li ritocchiamo ogni anno.

Possiamo dire che oggi l'arte dell'accoglienza, al di là di un certo savoir faire che deve essere nel dna, richiede anche competenze di tipo universitario? Basta pensare soltanto al crescere della clientela straniera…
Avere avuto la possibilità di fare esperienza all'estero, un po' di studio, un po' di vita nell'accoglienza serve per avere più di apertura mentale e, forse, più vicinanza con l'ospite straniero che arriva e ama potersi esprimere nella sua lingua, o almeno nella lingua di comunicazione comune, ad esempio l'inglese, in modo da poter spiegare meglio i piatti, gli ingredienti. Sempre di più da quando ci sono varie intolleranze, varie problematiche questo è importante. L'aver fatto esperienza, il conoscere le abitudini altrove ti aiuta nei confronti della clientela. E' un classico lo straniero che vuole la pasta con la bistecca. Gli si dice che possiamo farlo, ma che in Italia non si usa così.

Sul fronte delle strategie turistiche che può mettere in campo la pubblica amministrazione che cosa vi è realmente di aiuto?
Si tratta di vedere il quadro che sta intorno alla struttura. Di conseguenza fa molto piacere quando c'è ordine, pulizia, servizi fatti seriamente messi a disposizione della comunità. Già il fatto che d'inverno si raggiunga facilmente la località e quindi la capacità di mettere in sesto le strade, di dare l'informazione corretta, questo ci facilita e ci migliora. Pensando ad una amministrazione penso anche al Parco Nazionale. Da quando il Parco ha effettivamente aumentato la capacità di comunicazione di quanto è importante un'area protetta e dei vantaggi che ci sono a poterla scoprire, abbiamo notato che la clientela è aumentata notevolmente. Si viene per passeggiare, per trovare indicazioni corrette di percorrenza, sulla fauna, sulla flora e il risultato è una clientela decisamente perfetta per Cogne.

In tv c'è tantissimo cibo. Questo ha fatto crescere la consapevolezza del cliente?
Assolutamente sì. C'è più freschezza nelel conoscenze del cliente. Sono più attenti, più curiosi, si informano molto di più. Personalmente abbiamo avuto l'esperienza strepitosa di partecipare a ben 11 puntate della Prova del Cuoco con la Clerici e questo ci ha dato una visibilità eccezionale e ha creato nei nostri ospiti, nei nostri clienti un orgoglio. Molti ci dicevano ma glielo avete detto che vi avevamo scoperto prima noi?

Qualche novità come locale nel 2017?
E' un po' difficile. Mio fratello, come tutti i cuochi, è un po' artista, se gli chiedi che cosa farà questo inverno come piatti è difficile avere una risposta.

Un sogno imprenditoriale da realizzare?
Era sicuramente quello di mio papà ed è anche il mio e di mio fratello di poter avere un po' di serenità. Oggi raccogliamo quanto seminato in tutti questi anni ma è sempre difficile venirne fuori da un punto di vista economico. Un po' di stabilità. E il progetto di Cogne collegata alla stazione di Pila creando una stabilità invernale con una clientela più regolare, fatta non solo di picchi nei weekend, ci darebbe quel di più per permetterci di guardare ancora avanti e non fermarci ai primi 50.

Il problema della stagionalità…
Sì se c'è una stabilità hai un buon numero di dipendenti che ti aiuta, quando non te li puoi permettere nell'inverno non è facile organizzare il lavoro. 

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