19 novembre 2016

#Zamagni: «#Ambiente e #povertà facce della stessa medaglia» (prima parte)


Con Stefano Zamagni si è concluso il ciclo di conferenze Fede e Scienza sulla «Laudato si'». Il professore, il 4 novembre  al De La Ville, nel suo intervento dal titolo "Economie e città a misura d'uomo. Un nuovo approccio", dopo essere stato presentato dal Vescovo di Aosta, Mons. Franco 
Lovignana, ha subito evidenziato come si tratti di  una enciclica molto speciale in quanto è la prima 
interamente dedicata alla questione ecologica ed in essa il Papa mostra a tutti quello che è il fondamento filosofico del suo magistero di Pontefice. Riporto qui di seguito (in due puntate) l'articolo che ho pubblicato sul Corriere della Valle e che ripercorre in manier adettagliata l'intervento del professore.

«Paolo VI aveva scelto come sua guida il Personalismo di Maritain, - commenta Zamagni - Giovanni Paolo II aveva scelto per sé l'esistenzialismo cristiano, Benedetto XVI il neotomismo e Papa Francesco si autodefinisce un realista storico, corrente caratterizzata dal fatto che occorre che i principi, uguali per tutti nel corso del tempo, debbano essere calati nella realtà ed è questo il motivo per cui questa enciclica usa un linguaggio che a molti non pare teologico, in quanto se sei un realista storico devi partire dai fatti, questi li devi interpretare alla luce dei principi ed infine indicarne le azioni». Nel capitolo cinque e sei il Papa non si limita a denunciare il fenomeno, a indicare quello che non va, ma si spinge a proporre linee di azione, chiamando in causa le responsabilità di tanti.
«Quest'ultima novità a qualcuno ha dato fastidio. Eppure più passa il tempo e più i consensi verso questa enciclica vanno aumentando, forse di più fra i non credenti che non i credenti. E questo perché
il Papa non si limita a denunciare ma a dire lungo quali vie occorre muoversi se si vuole seriamente e
con coraggio risolvere i problemi affrontati nell'enciclica». Un testo che oltre tutto ha un fondamento scientifico robusto. Questa enciclica è stata preceduta un anno e tre mesi prima dal lavoro della Pontificia Accademia delle Scienze e dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, di cui 
Zamagni fa parte. «Il Papa ci chiese di sviluppare della documentazione, delle riflessioni puramente
scientifiche sulla questione ambientale, senza dirci che questo doveva servire come materiale a sua disposizione per scrivere l'enciclica. Lo abbiamo scoperto dopo. E questo lavoro è stato presentato
alla fine di aprile del 2014. 
L'enciclica è stata scritta un anno dopo e il capitolo uno e due della Laudato si' sono presi pari pari dal lavoro di queste Accademie». Da non dimenticare che tra i componenti dell'Accademia ci sono otto premi Nobel, tra fisica, chimica e biologia. Questo significa che chi ha criticato il documento sottolineandone la scarsa scientificità ha mosso in realtà una critica di tipo ideologico.

Le tesi fondamentali

Per Zamagni sono tre le tesi che si possono estrarre da questo documento. La prima tesi è che la lotta alla povertà e la questione ecologica sono come le due facce della stessa medaglia, cioè devono essere affrontati simultaneamente, fino ad allora la letteratura e il dibattito pubblico era focalizzato da due poli: da un lato gli ecologisti estremi, coloro che affermano una superiorità della natura sull'uomo e sul versante opposto l'antropocentrismo esasperato di chi afferma la dominanza e la superiorità dell'uomo sulla natura. «Se osservate con attenzione - ha precisato Zamagni - tutte le varie politiche che sono state implementate negli ultimi decenni a seconda dell'orientamento politico del momento hanno fatto prevalere l'una o l'altra.

Pensate all'australiano Pita Singa, docente universitario a Princeton di filosofia morale per il quale
"abbattere una pianta e uccidere una persona è lo stesso crimine". In quanto sostiene che gli esseri vi-
venti sono tutti al medesimo piano. Sul lato opposto chi mette l'antropos al centro e tutto il resto al
suo servizio. Ebbene la prima tesi che l'enciclica difende con grande forza è che entrambe le posizio-
ni sono sbagliate. Pensate ai rifugiati ambientali, termine coniato dall'ecologista Lester Brown nel 1976. Oggi quello che lui aveva anticipato si sta verificando. L'ultimo rapporto delle Nazioni Unite ci
informa che, se non si interverrà fin da adesso in maniera radicale, nel 2050 i rifugiati ecologici, quelli che saranno costretti ad abbandonare le loro terre per ragioni climatiche, ad esempio il livello del mare che si alza o la desertificazione, saranno 250 milioni nel mondo. Ci sono intere regioni
dell'Africa sub-sahariana, dell'America Latina e dell'Asia che sono senz'acqua e quindi senza agricoltura, senza allevamento.

Oggi abbiamo i rifugiati per ragioni politiche che sono soltanto quattro milioni e siamo già in diffi-
coltà. Cosa succederà quando saranno 250 milioni?». Il Papa introduce nell'enciclica anche il problema della povertà che costringe molti a migrare. «Voi vi chiederete ma perché sono diventati
poveri e una volta non lo erano? . ha aggiunto Zamagni - Non erano forse ricchi ma avevano almeno
da mangiare. La risposta è che il fenomeno del landgrabbing costringe queste popolazioni ad bbando-
nare le loro terre. In italiano significa accaparramento delle terre, un terzo delle terre dell'Africa
subsahariana non è più degli africani. Le multinazionali e alcuni paesi come la Cina vanno in que-
ste zone e con la scusa di usare metodi di coltivazione più efficienti e più produttivi ottengono dai go-
verni nazionali contratti della durata di 99 anni che consente a queste multinazionali lo sfruttamento totale della terra.

Espellono così dai campi i lavoratori, non assumendoli perché non li ritengono adeguati. Questi 
vanno a riempire le bidonville delle città e poi prendono la via dell'Europa. Da qui ancora una volta si capisce come il fenomeno climatico e quello ambientale sono inestricabilmente connessi. Il primo grido di allarme del Papa è che si smetta tutti di fare gli ipocriti. Per risolvere la questione sociale occorre risolvere quella ambientale». Zamagni ha posto un filo rosso tra alcuni importanti documenti pontifici: Leone XIII nella Rerum novarum nel 1891 scopre le cose nuove dell'industrializzazione e descrive la cosiddetta questione operaia. Giovanni Paolo II che nel 1991, con la Centesimus Annus, focalizza l'attenzione sulla novità della globalizzazione. E infine Papa Francesco che con questa enclicica focalizza l'attenzione sull'antropocene, parola coniata una ventina d'anni fa da un fisico tedesco, premio Nobel, Krutzen, significa era dell'uomo. «Oggi viviamo in una situazione - ha spiegato il professore - nella quale noi uomini vivendo in società siamo in grado di cambiare il corso della natura, di cui magari dopo ci lamentiamo. Noi ci preoccupiamo dell'anidride carbonica per la quale si stanno firmando degli accordi, ma il peggio è il gas di teflon che è mille volte più distruttivo del CO2 e di questo nessuno vuole parlarne a parte il Papa». 

continua

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